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sabato 15 maggio 2010

[senza titolo]

si costeggiava la fabbrica di giochi sulla sinistra, dopo un po' una stradina piccola, forse a tratti sterrata, un bivio per il quale, andando dritti o comunque tenendo la destra, si superava una piccola collinetta del quale ho un vago ricordo dai contorni sfocati (parlo proprio dell'immagine che ne ho) visto dal lunotto posteriore di una Giulietta, fatto di terra, pochi alberi sulla cima le cui chiome si univano, e il cielo. Qualche curva in discesa e si arrivava a questi grandi magazzini sfigati e un po' angoscianti dove si andava a comprare gli abiti per Natale o qualche altra occasione importante. Un luogo che è diventato un archetipo, quasi un mito, una di quelle cose così vaghe eppure così, per qualche motivo anche irrazionale, permeanti, di cui sei incerto se sia mai stato qualcosa di vero o solo un sogno, magari ricorrente.
Tutto questo circa vent'anni fa.
[Oddio, fa un po' impressione a dirlo, a pensare che vent'anni fa c'ero, e avevo memoria].
Durante la mia precedente esperienza di lavoro, bazzicando spesso quelle zone, mi sono ripromesso di ritrovare questi grandi magazzini, di cui oramai sarà rimasto giusto un capannone, o forse neanche quello, un sabato mattina di primavera assolato.
Ed era circa un anno fa, e non è mai accaduto.
Fino a giovedì scorso.
Un pomeriggio piovoso.
In cui ho scoperto che a sinistra della fabbrica di giochi, nel raggio di almeno un paio di chilometri, c'è solo una strada, e privata; e dall'altro lato, le viuzze più vicine erano vicoli ciechi o che giravano in tondo.